Scheda di lettura - Io venditore di elefanti

Titolo : Io venditore di elefanti

Data di composizione : presumibilmente 1990

Data e luogo di pubblicazione : 1990, prima edizione

Argomento (sintesi)
Viaggio di un giovane senegalese verso l'Europa, in particolare verso la Francia e poi l'Italia.
Il romanzo appare come autobiografico e si snoda intorno alla vita da clandestini di Pap Kouma e di altri suoi compatrioti.

Autore (breve biografia)
La vita di Pap Kouma è cambiata dopo la pubblicazione di questo libro.
Attualmente pare che lavori presso la Fnac di Milano, settore libri extraeuropei. Collabora con le scuole e in questo stesso libro insieme ad Alessandro Micheletti e Guido Tallone ha creato un vero e proprio apparato didattico.

Romanzo: d'attualità – genere definito "letteratura della migrazione".

Tempo in cui è ambientato (elementi da cui lo si deduce)
1979 – anni '90 circa.
Nel 1979 comincia il viaggio di Pap ventiduenne dal Senegal verso la Francia dove voleva perfezionarsi come ceramista (scelta contro la tradizione della sua famiglia "povera ma che era stata importante, alla quale per consuetudine sarebbero dovute toccare altre mansioni").
1986 – sanatoria – Pap fonda un'associazione

Luoghi della vicenda:

  • Senegal: "Il mio paese, diviso in caste, è povero. Sempre più povero perché dopo dieci anni di siccità la coltivazione delle arachidi è andata in crisi. Altri paesi le producono e i prezzi sono scesi. C'è un governo socialista in Senegal. Ma non riesco proprio a capire perché si chiami socialista. Il Senegal è povero e la gente protesta, ma sa che non otterrà mai nulla. La maggioranza non sa né leggere né scrivere. Circolano molti giornali, ma finiscono sempre nelle mani degli stessi che controllano tutto. Non è però vero che non ci sia interesse per la politica"
  • Costa d'Avorio, ad Abidjan, dove Pap vendeva l'avorio ai turisti italiani. Parlando di Abidjan Pap Kouma, scrive "(...) in questa città si vive ventiquattro ore su ventiquattro. In Senegal c'è una bella differenza fra il sabato sera e il lunedì sera, il primo giorno di festa e il primo giorno di lavoro. Come in Italia. ad Abidjan sabato sera, lunedì sera corrono alla stessa velocità e nello stesso frastuono e la vita sembra un movimento senza fine". Pap si trova bene in questa città, ha lavoro, amici ed è vicino a casa.
  • Italia: Riccione
  • Francia, dove addirittura Pap Kouma, tenta di arruolarsi nella legione straniera.
  • Riccione
  • Milano
  • Senegal
  • Milano

Personaggi principali e loro ruolo:

  • io narrante
  • gruppo di senegalesi a Riccione: Osman, il capo del piccolo gruppo; Saliou, Charles
  • i gruppi di amici che circondano Pap nei vari luoghi in cui vive.
  • Lo sventurato Laman "il capo del villaggio" e il suo fratellino minore. "Sono il fratello di Laman. Vivo a Trieste. Sono venuto a salutare mio fratello che non vedo da molti mesi. Sono qui per Laman. Ma vi dico la verità sono qui anche per mangiare un piatto senegalese. Ho nostalgia della nostra cucina".
  • Silla, un senegalese "andato alla deriva"
  • I familiari di Pap, un po' sullo sfondo, ogni tanto intervengono.

Narratore: esterno, 1° persona, onnisciente.

Breve giudizio (impressione; motivi per cui scegliamo o consigliamo il libro)
Se ne consiglia la lettura. Appare come un libro che rimane in superficie. Forse è una scelta in quanto le tematiche sono davvero pesanti o forse è una caratteristica dello stile dell'autore. O forse chi legge non ha gli strumenti per esplorare il linguaggio di Pap Kouma. Bisognerebbe tentare un colloquio con lui, che però personalmente non mi ispira. Non mi è ancora chiaro perché, ma dalla lettura ho un'immagine di lui ambigua.
Ci sono degli aspetti interessanti.
Ci si addentra nel mondo dei clandestini. Clandestino dal latino "clandestinu(m)", da "clam" "di nascosto", ovvero qualcosa che si fa in segreto e contro precisi divieti. Pap Kouma, venditore di elefanti, senegalese, esce dall'Italia clandestina e regala all'Italia dell'editoria un'opera di quella che oggi viene chiamata la letteratura della migrazione.
L'autore parla spesso di come vede gli occidentali o d alcuni modi di dire.
Scrive l'espressione "i tubab dell'Europa", usata, come viene spiegato in nota, in tanti paesi dell'Africa nera per indicare gli occidentali.
Al riguardo si critica l'uso che si fa nella presente edizione delle note, nel senso che appaiono troppo ricche di informazioni per gli studenti, togliendo loro la possibilità di fare delle ricerche autonome per arrivare a delle ipotesi, soprattutto quando si illustrano concetti come "emigrazione clandestina", "marocchino", "animisti".
L'autore fa ad esempio una sommaria ricostruzione di come nel suo paese si sono sovrapposte le religioni dell'animismo, l'Islam e il cattolicesimo e a proposito degli animisti nella relativa nota scrive "Seguaci dell'animismo. Secondo l'animismo in Africa, ogni elemento della natura (animali, piante, pietre, ecc.) è animato da uno spirito e dunque deve essere venerato. Questa religione sopravvive ancora oggi tra i cristiani e i mussulmani dell'Africa nera". Ci si chiede se spiegazioni di questo genere, in qualche modo riduttive, non hanno in sé dei rischi maggiori del silenzio.
Le schede didattiche mi sembrano da una parte sommaria, dall'altra danno troppo dense di piste di riflessione per gli studenti, che invece secondo me vanno lasciati liberi di esprimere e ricercare quello che desiderano.

Brescia, 24 gennaio 2005                                                                                                                                                                                                Francesca

Io venditore di elefanti

Pap Khouma, Io venditore di elefanti, Garzanti Scuola, Narrativa e letture, 1990, 1997, Milano, 188 pp.

"Quando suona il campanello mi balza sempre il cuore in petto. Quasi non dormo più nell'attesa dei carabinieri: domani toccherà a me, domani toccherà a me. Ancora oggi a distanza di tanti anni, uno squillo o un rumore di passi mi spaventano. Il mio sonno è rimasto leggero".
Il sonno dei lettori italiani diventa pure leggero nel vedere in che condizioni di vita si costringono delle persone straniere nel nostro paese, forse.
"Io venditore di elefanti": traghettamento in un Italia che non c'è attraverso un safari di elefanti che proprio non ci sono per giungere a chiedersi "clandestini si nasce o si diventa?"

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La scuola raccontata al mio cane

Paola Mastrocola, La scuola raccontata al mio cane, Parma, Guanda, 2004, 191 pp.

Si può raccontare la scuola al proprio cane? La Mastrocola può.
In quello che appare come un "fervorino" universale Paola Mastrocola si mette in cattedra e con l'accetta del boscaiolo fa a pezzi il refuso della scuola italiana dopo le riforme compresa la definitiva catastrofe morattiana.
"Il mestiere che non c'è più" dice la Mastrocola dell'insegnamento di lettere, mentre il processo di riforme è "un lento e inesorabile movimento verso il basso. (...) una specie di valanga, una frana, una 'caduta massi', che ha prodotto in pochi anni, ai piedi della montagna scuola, un'enorme e infinita pietraia: una 'lapedicina' direbbe Michelangelo.
Gennaio 1992 – settembre 1995 e gennaio 1997 – dicembre 1998: 2 assenze della Mastrocola dalla scuola e che sono periodi di grandi cambiamenti tali da far dire all'autrice "vedo ora che, di colpo, tutto ciò in cui ho creduto e che pensavo di poter felicemente passare ai giovani non vale più nulla. È fuori luogo, fuori tempo. Fuori dal mondo".
"Il balcone" da cui guarda la Mastrocola è quello della letteratura che lei ha sempre amato profondamente al punto da insegnarla in un liceo scientifico e praticarla con la scrittura.
1995: ministro D'Onofrio e i corsi di recupero al posto degli esami di riparazione: "l'inizio della caduta massi". "A giugno gli studenti insufficienti in 3 o 4 materie sono tutti promossi, sempre. Anche se, per quelle materie, non hanno mai aperto libro e hanno la media del 4. (...) il loro 4 passa automaticamente a 6" e lo studente però è in debito! Perciò lo studente "ha un debito, due debiti, tre debiti a seconda di quante materie non ha studiato".
"Se lo studente prende un 6 che non è un 6 deve frequentare un corso all'inizio di settembre, un piccolo corso di una settimana, un'ora e mezzo al giorno in cui l'insegnante che gli ha dato quel 6 che non è 6 si impegna a fargli ripassare le cose che lui, lo studente, non ha studiato".
C'è poi una prova finale del recupero in cui "l'insegnante si limita a registrare sull'apposito registrino dei recuperi se l'allievo ha fatto bene il compito o no. Se sì scrive: Debito colmato. Se no scrive: Debito non colmato".
"Se per due anni consecutivi l'alunno si ostinerà non solo a contrarre il debito, ma a non colmarlo, allora l'insegnante della materia insufficiente, bensì tutto il consiglio di classe potrà in teoria bocciare l'allievo. (...) solo se ci saranno le cosiddette 'motivazioni'". Ma se l'allievo ha il debito solo in una materia con molta probabilità non verrà bocciato.
1997-1998, nascono : le Commissioni e Sottocommissioni, il POF, i progetti: l'Autonomia.
"La commissione è un'insieme di docenti che si riuniscono per progettare un progetto".
"Il progetto era ciò che avevamo sempre voluto fare e che non ci era mai stato permesso".
E così "oggi appare molto brutto stare dentro, magari fare lezione seguendo dei programmi. Quindi presentiamo i Progetti. Li discutiamo, li approviamo. Indichiamo dettagliatamente il nome del curatore, le classi destinatarie, la persona o l'ente delegato a dirigere e attuare il progetto, nonché il costo del medesimo. È ovvio che i progetti a costo zero avranno probabilità di passare molto maggiori".
Ogni inizio anno così i docenti si riuniscono "a progettare progetti. Si chiama riunione di Dipartimento. Vuol dire che gli insegnanti della stessa materia si riuniscono e parlano del loro lavoro. Una volta discutevamo dei programmi, cioè di cosa far studiare o meno agli allievi, ad esempio quanti brani dell'Iliade e se far leggere qualcosa di Gilgamesh o no. Adesso non si parla più di programmi, perché sono diventati una cosa vecchia e inessenziale".
I Progetti sono un modo per rendere la scuola "aperta" anche fisicamente portarla fuori dalle mura delle classi.
Ma la cosa peggiore è che "ogni progetto che passa taglia un pezzo di programma".
Parlando emblematicamente del "Progetto Cinema" la Mastrocola si chiede se "siamo certi che sia meglio che nostro figlio, a scuola, e in orario scolastico veda per la terza volta Il gladiatore, piuttosto che affrontare per la prima volta (e forse l'unica per molti) la vita e le opere del premio Nobel Eugenio Montale?"
Il "Piano dell'Offerta formativa è "la pianificazione di ciò che una determinata scuola ti offre per formarti".
"Ogni scuola pubblicizza le sue offerte, che la differenziano dalle altre scuole". Ma è davvero così? Si chiede terrorizzato chi legge.
La scuola vicina diventa concorrente. Perché?
"Risposta facile: c'è l'autonomia. Ogni scuola, nell'era dell'autonomia, è libera di sceglierti che cosa offrirti, cioè quali progetti presentarti. Per esempio un bel corso di Chitarra o di Giardinaggio".
"I Progetti distinguono una scuola".
C'è poi il "Documento di classe", fa parte degli "adempimenti d'inizio anno". "E' una specie di figlio del Pof: un piccolo Pof in miniatura, che i singoli docenti di ogni classe compilano insieme tra di loro, ognuno per la sua materia, e che quindi riguarda quella singola classe".
"Nel Documento l'insegnante deve scrivere innanzitutto quali sono i suoi Obiettivi", laddove la parola "obiettivo" per l'autrice appartiene all'area semantica della guerra".
È possibile scrivere le "finalità educative e didattiche" a freddo? O si rischia la "nausea" della Mastrocola?
E in tutto questa polverosa lapedicina bianca e spettralmente sconfortante "La voce dei poeti suona sempre da sola".
"Un dì si venne a me Malinconia
e disse 'Io voglio un poco stare teco'".
Un incipit mozzafiato...
"Dante è così. Ti dice che esistono cose che tu non pensavi esistessero e, da quando te le ha dette lui, tu le vedi benissimo, anzi credi di averle sempre viste".
Dante ... Dante meraviglioso poeta ... poeta ... uomo esiliato a suo tempo e riespulso oggi ancora dalla sua stessa terra, la terra dei bambini, fanciulli, adolescenti, ragazzi, i nostri ragazzi, soppiantati da vecchi dentro, aridi progettatori per obiettivi ... quando è così bello camminare, studiare, ricercare senza sapere dove arrivare ... ma chi vuole arrivare? O forse varrebbe la pena pervenire al "lutto cosmico di Petrarca" per la morte di Laura?
"Lasciato ài, Morte, senza sole il mondo,
oscuro e freddo..."
E invece dove ci riporta la Mastrocola planando sui suoi vecchi maestri? A parlare di SISS e i corsi per chi vuol diventare insegnante e su altre storture della scuola di oggi, come le prove di italiano:
l'Analisi del Testo, l'Articolo e il Saggio breve. Non c'è più il tema!
Lo studente viene imboccato e imbambolato. Che tristezza!
Altro che la morte di Laura caro Petrarca, qui si ripiomba nel lutto cosmico.
Le pagine della Mastrocola diventano così una lenta e opprimente processione funeraria, con predica compresa.
Ma cosa proponi cara autrice?
Cosa offri oltre a Dante, Petrarca e la trasmissione del sapere?
Un chiasso di voci e progetti si accalcano e confondono fanciulli che come in un mercato in classe sovrapponono la loro voce a quella della docente.
Cosa proponi Paola? Dov'è la tua paura? La tua umanità? Dacci una goccia di sangue vero!
Due muri sono descritti : "1) nessuno capisce più niente di quello che leggo e spiego; 2) nessuno mi risponde.
"Studiare vuol dire stare molto fermi con la mente su una cosa sola e per moltissimo tempo".
E invece "i giovani non sanno più scrivere".
E allora? "Tutti soli scollegati. Tre ore al giorno per studiare quel che al mattino si è fatto a lezione, e per pensare quel che si è studiato. Magari leggere un libro e, qua e là anche scrivere quel che viene in mente. Senza consegne, griglie, tracce e numero di righe.
Studiare, leggere, scrivere e pensare. Molto pensare..."
"Ritagliarci un Tempo Vuoto, Silenzioso e Scollegato".
"un ... tempo fuori..."
Brescia, 28 dicembre 2004                                                                                                                                                                                       Francesca Mazzei

Antonia Asrlan, La masseria delle allodole, Rizzoli (collana Scala italiani) rilegato, p.233, 2004; o Edizione Bur

Ambientazione: Anatolia/Siria, 1915. Premio Campiello 2004

CENNI STORICI

Gli armeni nell'impero ottomano

All'inizio del XIX secolo le armate russe oltrepassarono il Caucaso e conquistarono la maggior parte dell'Armenia persiana ( il popolo armeno era diviso da secoli tra gli imperi ottomano e persiano); da allora gli Armeni si divisero tra la Russia e l'impero ottomano, con una piccola parte di essi anche in Iran.

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La festa del ritorno

Carmine Abate, La festa del ritorno, Piccola biblioteca Oscar Mondadori, 2004, pp. 168

La festa del ritorno o il ritorno della festa?
Il rientro a casa dei lavoratori emigrati per il riposo e per un periodo con la famiglia coincide in genere con i periodi di festa ma allo stesso tempo sancisce maggiormente la festa.

 

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